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Il Business delle protesi chirurgiche

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Il Business delle protesi chirurgiche

L’artrosi è il processo degenerativo delle articolazioni che è correlato al crescere dell’età ma anche a fattori di usura aumentata dovuti all’attività lavorativa, al peso corporeo, alle abitudini comportamentali, al fumo o a fattori congeniti.


L’invecchiamento generale della popolazione legato al crescere dell’aspettativa di vita e il fatto, che un ultrasessantacinquenne si sente ancora con dieci anni in meno e non vuole rinunciare alle sue attività di vita quotidiana e neanche a quelle sportive come la palestra, la corsa o la partita di calcio, fa sì che i problemi artrosici vogliono essere risolti o combattuti, spesso, ad oltranza. Espletate le cure di primo livello si ricorre agli specialisti salendo la scaletta terapeutica dalle cure conservative fino a quelle chirurgiche.
Così, il ricorso a protesi articolari negli ultimi 15 anni è nettamente aumentato. In base ai dati elaborati dal campus biomedico di Roma le protesi dell’anca sono aumentate del 20%, quelle del ginocchio duplicate e quelle della spalla quintuplicate. Se guardiamo oltreoceano agli USA, ove il ricorso alla chirurgia è molto sviluppato, le proiezioni correlate al boom di richieste vedono la prevalenza di sostituzioni per l’anca al 56,3%, del ginocchio al 38,6%, della spalla al 3,9% e della caviglia al 0,3%. In questa statistica non dobbiamo dimenticare le protesi vertebrali che hanno visto un crescendo esponenziale di indicazioni.
Purtroppo, il boom delle richieste di salute viene sfruttato abilmente anche da alcuni chirurghi per impiantare protesi non necessarie senza seguire le indicazioni delle società scientifiche. La perdita di funzione e il dolore non giustificano l’immediato ricorso alla chirurgia protesica. Questa dovrebbe essere preceduta dall’insuccesso di ripetuti trattamenti conservativi utilizzando tutte le tecniche utili a tale riguardo come le terapie fisiche (TECAR-, laser- e magnetoterapia per citarne soltanto alcune), le fisioterapie, le terapie antalgiche mediante infiltrazioni loco-regionali. Per esempio, una protesi impiantata troppo presto, quando ancora esiste uno spazio articolare, dopo l’intervento finisce per provocare nuovamente dolore. Molte volte i pazienti vengono risucchiati in un vortice di reinterventi con sostituzione della protesi precedente via via più complessi e rischiosi.
Inoltre, con il crescere dei successi della tecnologia, i pazienti sono facile preda della credenza che ogni novità tecnologica, come le più sofisticate protesi chirurgiche, comporti brillanti e duraturi successi nel miglioramento del proprio stato di salute. Questo non è per nulla vero. Indagini epidemiologiche e valutazioni rigorose dei lavori scientifici hanno spesso evidenziato che i risultati delle tecniche chirurgiche non sono migliori di quelli delle tecniche conservative.


In più, non bisogna trascurare che nella maggioranza dei casi gli interventi di tecnologia protesica, come quello di sostituzione dell’anca, appartengono alla chirurgia maggiore e i pazienti sono soggetti al rischio di andare incontro a complicanze, sia correlate all’atto chirurgico specifico (infezioni, emorragie, difetti di correzione, malfunzionamento della protesi, embolia venosa ecc.) sia correlate all’anestesia, specie, quella generale.


Il business delle protesi, che hanno un costo molto elevato, ma anche quello degli interventi, è collegato in taluni casi a giri di denaro facile nei quali il paziente, ignaro spesso delle problematiche e fiducioso della bravura del medico, diventa il mezzo per ottenere lauti guadagni. Di ciò sono testimone i casi giudiziari in crescente aumento negli ultimi anni che hanno visto pazienti operati senza alcuna indicazione. Ma quando il danno è stato già fatto, il ristoro economico non sarà paragonabile in benefici alla perdita di salute.
Nel campo dei ricorsi giudiziari emerge con chiarezza che sui pazienti al rischio di complicanze non preventivabili si aggiunge anche quello degli errori medici (errore di diagnosi, errori terapeutici intraoperatori ed extraoperatori).

Tratto in parte dall’articolo di paolo Russo-La Stampa
Inchiesta di Report





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